lunedì 16 maggio 2016

IL COMPRESSORE

Pubblico un articolo che scrissi tempo fa per Strumenti Musicali. Si parla di COMPRESSORE.

IL COMPRESSORE.

Il compressore è uno di quegli effetti che in pochi riescono realmente a comprendere e ad utilizzare. Ma le sue applicazioni, in questo caso nel campo della chitarra, sono veramente molto utili ed interessanti.

Prima di tutto capiamo cos’è un compressore: il compressore è un dispositivo che controlla il volume. In pratica agisce sul volume di un segnale costringendolo all’interno di una soglia prefissata. Esistono due tipi di compressione: downward compression che comprime i picchi di volume e upward compression che invece aumenta il volume del segnale qualora sia troppo basso. Il risultato del processo di compressione è la diminuzione della dinamica del segnale. La dinamica è l’intervallo di volume dentro il quale è racchiuso il segnale, il compressore fa in modo di variare questo intervallo comprimendolo, appunto, ad un valore minore. Per fare un esempio prendiamo in esame dei valori del tutto inventati: se il nostro segnale va da 20dB a 50dB, con un intervallo dinamico di 30dB, potremmo fare in modo che questo intervallo diventi di 20dB variando il minimo a 25dB e il massimo a 45dB. Oppure, sempre con lo stesso segnale, potremmo fare in modo di diminuire lo stesso l’intervallo dinamico aumentando il picco massimo, passando da 40dB a 55dB. In questo caso l’intervallo sarà di 15dB ma il volume generale del segnale risulterà più alto.
Fisicamente un compressore è un amplificatore a guadagno variabile che ha il compito di ridurre l’intervallo dinamico. Esistono compressori analogici composti da amplificatori controllati in tensione che riducono il guadagno all’aumento del segnale in ingresso; oppure compressori ottici i quali utilizzano un diodo sensibile alla luce il quale riconosce le variazioni della luce che è soggetta ai cambiamenti del segnale in ingresso.
I parametri principali sono quattro: treshold, ratio, attack e release. Il treshold è il valore della soglia oltre la quale il compressore entra in funzione, da notare che la compressione agisce solo sulla parte di segnale che oltrepassa la soglia. Ratio è il rapporto di compressione cioè quanto il segale deve essere compresso. Solitamente il valore varia da ∞:1 a 1:1; nel primo caso la compressione reale è di 60:1 e la parte del segnale che oltrepassa la soglia viene riportato al valore della soglia stessa; nel secondo caso la compressione è del tutto inesistente. Nella chitarra solitamente il rapporto di compressione è di 4:1 il che significa che se all’ingresso del compressore il segnale è di 4dB all’uscita verrà ridotto a 1dB. Il parametro Attack serve a definire quanto velocemente il compressore deve entrare in funzione: più sono lunghi i tempi di attacco maggiore sarà la dinamica del segnale. Nella chitarra raramente si usano tempi di attacco troppo veloci, perché la tendenza è quella di fare in modo che la compressione entri in funzione dopo la pennata. Il suono del plettro che “sbatte” sulla corda è la parte iniziale della nota ed è quella che permette al nostro orecchio di percepire quella nota come “definita”. Comprimere anche quella parte porterebbe ad una perdita di definizione che si traduce in “ma perché la chitarra non esce?”. Il Release invece è il tempo che impiega il compressore a disattivarsi una volta che il segnale torna al di sotto della soglia.
Questi due parametri, Attack e Release, sono gestiti in maniera diversa da compressore a compressore. Nei compressori che lavorano in RMS Mode questi valori sono regolati automaticamente in base alle caratteristiche del segnale, invece nei compressori in Peack Mode i valori di Attack e Release sono modificabili dall’utente. Nei compressori più sofisticati esiste un altro parametro che si chiama “Curva di compressione” che ci permette di stabilire se e quanto smussare l’angolo della curva di compressione. Quando il compressore entra in funzione il segnale subisce una forte variazione che può essere “addolcita” e resa più lineare grazie a questo parametro. Una curva più leggera (soft knee) rende la compressione molto più naturale.

Nella chitarra il compressore trova svariate applicazioni in base al genere musicale e al tipo di suono che si utilizza. Nelle ritmiche funk si usa molto il compressore per livellare il volume delle note. In questo modo la ritmica risulta più omogenea e di conseguita è più efficace nel mix del brano. Altra situazione in cui il compressore è molto utilizzato è quella degli arpeggi. Nell’arpeggiare un accordo succede spesso che le note non vengano suonate tutte con lo stesso volume e questo rende l’arpeggio poco omogeneo e brutto da sentire, con il compressore si riesce a livellare il volume delle note in modo che suonino tutte uguali. Altra caratteristica importante del compressore è quella di aumentare il sustain della nota, prolungandola per un tempo maggiore. In pratica ogni volta che la nota tende a diminuire di volume il compressore la riporta dentro al valore minimo impostato, naturalmente finché ci riesce. Questo ci dà la possibilità, in presenza di note lunghe, di rendere più uniforme il volume di emissione della nota dal momento che viene suonata fino a che non viene stoppata. Un esempio è il solo di “Another brick in the wall” dei Pink Floyd dove le note sono prolungate oltre ogni limite. Quando si usa il wha-wha il compressore è utile sia ad eliminare i picchi sulle alte frequenze che spesso risultano fastidiosi, sia in fase di mix, a rendere più presenti quelle ritmiche che a volte risultano poco intellegibili. L’unica raccomandazione è di andarci piano con la compressione per evitare di appiattire troppo la dinamica: il compressore è molto utile ma anche molto pericoloso.

lunedì 9 maggio 2016

LA SCALA PENTATONICA pt. 3

LA SCALA PENTATONICA pt. 3



Nuovo video sulla scala pentatonica, questa volta si parla di scala pentatonica ed accordi di settima dominante.

lunedì 2 maggio 2016

DISTORSORE O OVERDRIVE?

Pubblico un articolo che scrissi tempo fa per STRUMENTI MUSICALI. Si parla di differenza tra distorsore e overdrive.

DISTORSORE O OVERDRIVE?

L'eterno dilemma di chi non sa decidersi! Sarà meglio il distorsore o l'overdrive? Ma poi che differenza c'è?

Prima di addentrarci in spiegazioni più o meno tecniche iniziamo dal concetto di "distorsione". Per distorsione si intende un'alterazione della forma originale di un'immagine, un suono o, in via del tutto astratta, di un pensiero. Alla luce di questo la distorsione è vista come un difetto, o meglio un effetto indesiderato. Per capirci meglio un dispositivo Hi-Fi si comporta in maniera lineare restituendo all'uscita lo stesso segnale che si trova all'ingresso, lasciandone inalterate le caratteristiche. Nel mondo dell'amplificazione per chitarra, invece, non vale questo principio, soprattutto per noi chitarristi che invece facciamo della distorsione il nostro asso nella manica. Passiamo a descrivere fisicamente cosa si intende per distorsione e cosa per overdrive. Nel caso della distorsione la forma d'onda in ingresso viene "squadrata", viene cioè trasformata da sinusoide in onda quadra. Nel caso dell'overdrive, invece, abbassata in modo che i suoi picchi siano contenuti all'interno del range prestabilito; non viene fatto alcun taglio alla forma d'onda. Quindi concettualmente stiamo parlando di due processi completamente diversi sia da un puntao di vista fisico che elettronico.
La distorsione si ottiene partendo da un dispositivo chiamato "Trigger di Schmitt" (un amplificatore operazionale) che trasforma l'onda "sinusoidale" in ingresso in un'onda quadra. L'onda quadra generata, che è il segnale distorto, viene miscelato al segnale "pulito" proveniente dalla chitarra tramite un controllo che può chiamarsi "DIST" o "GAIN"a seconda delle case produttrici. L'overdrive invece si ottiene portando a saturazione il preamplificatore senza modificare in alcun modo la forma d'onda. Il classico suono overdrive è quello tipico degli anni settanta, ottenuto regolando il volume degli amplificatori al massimo- L'unico inconveniente a quei tempi era appunto il volume, problema poi risolto aggiungendo un potenziometro che regola il volume di uscita del preamplificatore. Grazie a questo potenziometro è possibile portare il preamplificatore a saturazione mantenendo dei volumi accettabili. Quindi è chiaro che la saturazione avviene quando il volume del segnale ha raggiunto il suo limite massimo, ma questo comporta anche uno schiacciamento della dinamica. Un suono molto saturo è, per sua natura, un suono poco dinamico. Se suoniamo con un suono molto distorto e proviamo ad abbassare il potenziometro del volume della chitarra ci accorgiamo che il volume non diminuisce. Quello che diminuisce è la quantità di distorsione, il guadagno. La dinamica diminuisce all'aumentare della saturazione, quindi dinamica e saturazione non vanno assolutamente daccordo, ma c'è un modo per farli coesistere. Negli anni ho imparato, da chitarristi molto più bravi di me, come poter rendere dinamico un suono molto saturo: la soluzione maggiormente praticata è quella del boost. Si parte da un suono molto saturo e si abbassa gradualmente il gain, poi si aggiunge un pedale, ad esempio un overdrive, con il gai quasi a zero e il volume quasi al massimo. In questo modo non facciamo altro che aumentare il volume del segnale di ingresso dell'amplificatore e di conseguenza di conseguenza aumentare la saturazione del canale stesso. Il pedale in questio può essere un overdrive, un distorsore, un equalizzatore, un compressore, la scelta va fatta in base al risultato che vogliamo ottenere, l'importante è che questo pedale abbia la possibilità di aumentare il volume del segnale. Esistono pedali nati per compiere questo semplice compito, si chiamano boost. Il concetto è molto semplice: se l'amplificatore lavora, ad esempio, moltiplicando per dieci il guadagno del segnale in ingresso, è facile capire che se il segnale in ingresso vale uno quello che esce è dieci, se invece vale dieci uscirà cento. A questo punto la quantità di saturazione è gestita dal pedale e l'amplificatore può lavorare ad un guadagno tale da non compromettere troppo la dinamica. E' possibile applicare questo concetto anche ai pedali, seguendo lo stesso procedimento. Ci sarà un pedale che si occuperà di generare il suono distorto e un altro che avrà il compito di alzare il livello del segnale d'ingresso per aumentare la quantità di saturazione. La tendenza è, purtroppo, sempre quella di alzare il gain illudendosi che con più distorsione si riesca a suonare meglio. In realtà un segnale troppo saturo non ci aiuta affatto a suonare meglio, anzi ci costringe ad avere un suono poco definito. Un consiglio che mi sento di dare è quello di abbassare gradualmente il gain del canale distorto ed abituarsi a suonare con meno saturazione; in questo modo il nostro suono sarà molto più chiaro e, cosa molto importante, acquisterà maggiore dinamica rispondendo meglio al nostro tocco.