giovedì 31 marzo 2016

L'IMPORTANZA DEL CAVO

Pubblico un mio articolo, scritto tempo fa per Strumenti Musicali, su come è fatto un cavo.

IL CAVO E LE SUE CARATTERISTICHE.

Il cavo è l'oggetto incaricato di far viaggiare il suono dalla chitarra all'amplificatore.

Parlare di differenze tra un cavo e l'altro è un argomento ostico. C'è chi dice che sono tutti uguali e chi, invece, sostiene che ci sono enormi differenze tra un cavo e l'altro. La verità come sempre sta nel mezzo. Partiamo con il dire che il cavo perfetto è quello che non c'è! Cioè un cavo deve essere trasparente e condurre il segnale senza influenzarlo in alcun modo. Fisicamente un cavo è composto da due conduttori sovrapposti (cavo coassiale), separati da un isolante. Il conduttore interno ha lo scopo di trasportare il segnale, mentre quello esterno è l'elemento schermante, cioè ha il compito di preservare il conduttore interno dalle interferenze. A separare questi due elementi c'è il dielettrico, uno strato di materiale che si trova intorno al conduttore centrale. Per la sua costruzione il cavo si comporta come un condensatore e in quanto tale è soggetto a induttanza e capacità. Analizzando nel dettaglio le parti che lo compongono, possiamo dire che un cavo di buona qualità deve essere costruito con materiale di buona qualità. Il rame più adatto è il rame OFHC, oxigen free high conductivity, puro al 99,9%. Particolarmente esente da ossigeno e perciò apprezzato per le applicazioni che richiedono altissima conduttività e malleabilità. Un buon cavo deve avere un numero di trefoli elevato, cioè il conduttore in terno deve essere composto da molti fili intrecciati in modo da aumentarne lo spessore e di conseguenza migliorarne la migliorarne la capacità conduttiva. Infatti maggiore è lo spessore del conduttore interno e minore sarà la resistenza che questo offrirà al passaggio del segnale. Da un punto di vista puramente elettronico, sarebbe meglio se il conduttore centrale fosse un unico elemento, questo però comporta una minore malleabilità e una maggiore propensione al danneggiamento. Un elemento composto da fili intrecciati è molto più malleabile e meno soggetto a pieghe che ne limiterebbero l'efficenza. L'elemento che caratterizza maggiormente l'efficenza del cavo è il dielettrico. Questo è posto tra l'elemento conduttivo e l'elemento schermante e, come dicevo prima, trasformo il cavo in un condensatore. Il materiale in cui è composto il dielettrico è il polietilene, compatto o espanso. Dalla qualità del polietilene dipende l'effetto capacitivo del dielettrico. Questo si comporta da filtro passa-basso, minore è la qualità maggiore è la capacità, di conseguenza aumenta l'attenuazione delle alte frequenze. A proteggere il cavo, infine, c'è la guaina in PVC (polivinilcloruro), materiale usato per la sua flessibilità e durata nel tempo. Se decidiamo di costruirci il nostro cavo da soli in casa è importante prendere in considerazione determinati parametri elettrici che poi andranno a caratterizzare il suono finale. Partiamo dall'attenuazione, cioè la diminuzione di intensità subita dal segnale durante l'attraversamento del cavo. Questo fattore dipende dallo spessore del conduttore interno: maggiore è il suo diametro minore sarà l'attenuazione del segnale. Dipende poi dalla composizione del conduttore esterno: più è efficace la sua azione schermante minore p l'attenuazione. Infine dalle caratteristiche del dielettrico: minore p la sua costante elettrica, minore risulta l'attenuazione. Altro fattore molto importante è l'impedenza, vale a dire l'opposizione che qualsiasi circuito offre al passaggio della corrente elettrica. Il cavo è un circuito elettrico a tutti gli effetti- E' importante che "l'impedenza caratteristica" di un cavo, che è il rapporto tra tensione applicata e corrente assorbita, sia la minore possibile.
L'efficienza di schermatura: con tale termine si denomina la capacità del conduttore esterno di opporsi alle interferenze elettromagnetiche esterne; oggi l'etere ne è pieno e il cavo è un'antenna che capta qualsiasi tipo di interferenza gli gira attorno. A completare il "pacchetto" ci sono i connettori. I criteri che secondo me dovrebbero indirizzarci verso la scelta del connettore giusto sono la robustezza, ossia la resistenza a possibili urti o calpestamenti vari, cose molto frequenti su un palco; l'assemblaggio del connettore: meglio un jack realizzato a monoblocchi che uno realizzato in più parti assemblate nel quale si avranno una serie di resistenze di contatto probabilmente superiori alla resistenza dell'intero cavo, senza considerare poi l'inconveniente tipico del distaccamento della pinta, che spesso e volentieri rimane dentro l'ingresso della chitarra o dell'amplificatore. Poi la precisione delle misure: a prima vista tutti i jack sembrano uguali, ma un connettore fuori tolleranza può danneggiare lo strumento o non assicurare un buon contatto. Come ultima cosa ascoltare! E' importante mettere a confronto i cavi e capire le differenze sonore che ci sono, come si fa con le chitarre, con gli amplificatori o con i pedali. Naturalmente stiamo parlando di variazioni infinitesimali se rimaniamo su cavi di alta qualità, ma diventano enormemente udibili se confrontiamo cavi "economici", dotati di connettori pressofusi in plastica, con cavi professionali con tutte le carte in regola. Diffidate di chi pubblicizza un cavo come "questo cavo enfatizza i bassi" oppure "questo cavo enfatizza gli alti e rende il tuo suono più brillante". Il cavo è un elemento passivo, non enfatizza ma taglia, è un filtro. Quindi se da un cavo sentite più frequenza basse è perché vengono tagliate le alte frequenze (effetto capacitivo) e non va bene! Il concetto fondamentale è: perché risparmiare sui cavi quando spendo montagne di euro su chitarre e ampli? I cavi sono la parte del nostro setup che è responsabile del passaggio del segnale dalla chitarra all'amplificatore, quindi possono influire attivamente sul nostro suono.

martedì 29 marzo 2016

SETUP FATTO IN CASA, REGOLAZIONI DI BASE SULLA CHITARRA ELETTRICA

Spesso si ricorre al liutaio anche per cose che potremmo fare da soli in casa, poi nella maggior parte dei casi non siamo soddisfatti del lavoro del liutaio perché non incontra le nostre preferenze. Parlo di action, altezza dei pickup e di tutte quello regolazioni che rientrano nella "sfera personale".
Di seguito pubblico un articolo che feci tempo fa per Strumenti Musicali, pubblicato a maggio 2010.

SETUP FATTO IN CASA, REGOLAZIONI DI BASE

Sono rare le volte in cui il setup di una chitarra nuova incontra a pieno le nostre preferenze, e anche un liutaio spesso non comprende quelle che sono le nostre esigenze. Che fare? Non ci resta che provare da soli!

Il problema di base è che non esistono regolazioni standard, ma regolazioni che rispecchiano il modo di suonare di ciascuno di noi. Ogni chitarra nuova ha un setup che si basa su specifiche di massima, che va poi personalizzato ed adattato al proprio tocco e al proprio stile. Innanzitutto è fondamentale accordare lo strumento, perché la tensione delle corde ne mette in evidenza lo stato. La prima cosa da controllare è il manico:basta premere il MI basso al primo e all'ultimo capotasto contemporaneamente e misurare la distanza della corda al centro del manico. Questa distanza deve essere di circa mezzo millimetro, che è quasi lo spessore di una carta di credito. Per modificare questa misura ci agisce sul truss rod, la vite posta ad una delle estremità della tastiera. Tirando il truss rod, cioè girando il bullone in senso orario, la distanza tra corda e tastiera diminuisce, viceversa allentandolo, quindi girando il bullone in senso antiorario, le corde si allontanano dalla tastiera. Chi ha un tocco "pesante" (come il sottoscritto!!) ha bisogno di aumentare questa distanza; sicuramente chi suona blues o rock predilige un manico che sia leggermente curvo. Chi invece si diletta ad usare la chitarra a mo' di mitraglia, sparando note a non finire, necessita di un manico il più possibile diritto. Una volta fatte le dovute regolazioni, si riaccorda lo strumento e si controlla l'altezza delle corde. Questa è soggettiva, ma fino ad un certo punto! Va misurata all'ultimo tasto: il MI cantino dovrebbe distare circa 2 mm dal manico, mentre il MI basso 2,5 mm. La regolazione dipende dal ponte; nei modelli tipo Floyd Rose o Tune'o'Matic si agisce sui piloni che ancorano il ponte al corpo della chitarra: alzandoli o abbassandoli varia l'altezza delle corde. Mentre sui ponti Tremolo Standard si agisce alzando o abbassando le sellette. Nel modificare l'altezza delle sellette è importante che queste mantengano il raggio di curvatura della tastiera. Solitamente si tende a tenere più alte le sellette delle corde RE e SOL per poi calare progressivamente verso il MI basso e il MI cantino. Esistono delle dime che misurano il raggio di curvature dalla tastiera che ci aiutano ad essere più precisi nella regolazione. Per il capotasto suggerisco di rivolgersi ad un liutaio, vista la "delicatezza" dell'argomento. Passiamo alla regolazione delle ottave. Questa regolazione consiste nell'intonare la chitarra al dodicesimo tasto: si deve confrontare l'intonazione della corda a vuoto con l'armonico al dodicesimo tasto e con la nota premuta sempre al dodicesimo tasto. La regolazione si fa spostando avanti o indietro le sellette del ponte. Se l'ottava è calante la selletta va spostata in avanti, verso il manico per intenderci, contrariamente se è crescente va spostata indietro. Se l'intonazione è calante l'ottava va allentata, mentre se è crescente va tirata, il contrario di quello che si fa con la corda a vuoto. Ad ogni spostamento della selletta la corda va riaccordata. Una volta fatta fatta questa regolazione, va regolata l'inclinazione del ponte. Nei ponti Tremolo Loking (Floyd Rose e derivati) è preferibile che la piastra del ponte sia parallela al corpo della chitarra. Questo fa in modo che la lama del ponte, che poggia sui piloni, lavori al meglio così da ottenere la massima tenuta dell'accordatura. Nei ponti tipo tremolo standard esistono due tipi di regolazione: una con il ponte appoggiato sul top e un'altra, più tradizionale, con la parte posteriore del ponte sollevata di circa 3 mm dal topo della chitarra. Ad ogni modo l'inclinazione del ponte dipende dal tiraggio delle molle. Questo varia grazie alle due viti che tengona la piastra alla quale è agganciata un'estremità delle molle (solitamente l'estremità fatta a cerchio). Avvitando le due viti aumenta il tiraggio delle molle e di conseguenza si avvicina il ponte al topo della chitarra. Naturalmente ogni variazione del tiraggio comporta il dover riaccordare lo strumento. A questo punto le regolazioni che riguardano la parte "liuteristica" della chitarra dovrebbero essere terminate; ci restano i pickup. Iniziamo dal single coil con poli in AlNiCo e dal pickup al manico. Premendo la corda all'ultimo tasto la distanza dal pickup dovrebbe essere di circa 2,5 mm al MI cantino e 3 mm al MI basso. Per i pickup al centro e al ponte si parte dagli stessi valori per poi avvicinarli in modo da cercare il giusto bilanciamento di volume. Il pickup al manico gode di una posizione privilegiata in quanto è il pinto in cui la corda vibra maggiormente ed emette il maggior volume. Più ci si sposta verso il ponte e più il volume diminuisce, quindi è importante bilanciare questo cambio di volume avvicinando progressivamente il pickup alle corde. E' importante però non avvicinarli troppo, perché il campo magnetico generato tende a stoppare le corde. I single coil ceramici e gli humbucker vanno gestiti nella stessa maniera, devono cioè essere distanziati di 1,5 mm al MI cantino e 2 mm al MI basso. Il fatto che il MI basso sia maggiormente allontanato dal pickup è dovuto dal diverso diametro delle corde. La corda vibra in senso circolare intorno a se stessa; una corda con diametro maggiore ha una vibrazione più pronunciata e tende, vibrando, ad avvicinarsi maggiormente al pickup rispetto ad una corda di diametro inferiore, generando così disparità di volume. Questo viene appunto compensato allontanando i bassi. A questo punto non ci resta che verificare se le regolazioni fatte sono di nostro gradimento. Un buon set up rende più suonabile il nostro strumento, am soprattutto ci invoglia ad imbracciarlo e non lasciarlo dentro la custodia.

Grazie a Romano Burini per la consulenza tecnica.

sabato 26 marzo 2016

IL MODO DORICO


In questo video parlo del mio approccio al modo DORICO. Fatemi sapere cosa ne pensate.

mercoledì 23 marzo 2016

PEDALI: TRUE BYPASS O BUFFER?

Pubblico un mio articolo, uscito tempo su Strumenti Musicali, che parla del BYPASS. Argomento che è spesso causa di gravi incomprensioni.
Fatemi sapere la vostra posizione in merito, buona lettura!

PEDALI: SI INIZIA DAL BYPASS.

Da questo articolo cercheremo di addentrarci nella vasta e incontaminata giungla dei pedali. Riusciremo ad uscirne vivi?

È da qualche anno oramai che i pedali spuntano fuori come funghi. Girando in internet si scoprono ogni giorno marchi nuovi mai sentiti prima. C’è il negozio di fiducia che li importa dagli angoli più remoti del pianeta. Possiamo dire con certezza che questa è l’era del pedale. Dopo gli anni Ottanta dove non eri nessuno se non ti presentavi su di un palco o in studio di registrazione con almeno dodici unità rack, oggi non sei nessuno se non hai la pedaliera stracolma di pedali. Proveremo a fare chiarezza cercando di analizzare le differenze e il funzionamento dei vari pedali, per poterne acquisire maggiore consapevolezza nell’utilizzo.
Prima di parlare di pedali quali overdrive, distorsioni o modulazioni, è molto importante capire come si comportano quando sono spenti. Ogni pedale che si aggiunge alla nostra pedaliera comporta un’interruzione del cavo, un aumento della lunghezza del cavo stesso e, automaticamente, maggior degrado del segnale. Oggi avere pedaliere composte da decine di pedali è diventata una moda più che un’esigenza, una moda che, nella maggior parte dei casi, restituisce all’ampli un suono che è la brutta copia di quello che esce dalla chitarra. Come avrete già capito, in questo articolo sarà messo sotto esame il fantomatico “bypass” che, entrando in funzione a pedale spento, determina attivamente la qualità del suono. Si, perché un pedale se acceso può essere più o meno bello secondo i gusti personali, ma da spento deve essere trasparente, cosa che non sempre avviene.
Esistono due tipi di bypass: il true bypass e il circuito di buffer. Le differenze tra i due sono sostanziali. Nel primo caso, il true bypass, l’ingresso del pedale è collegato direttamente e meccanicamente all’uscita, grazie ad un relè o ad un interruttore. Nel  secondo caso, cioè il buffer, la cosa è un pochino più complessa. Il segnale attraversa un circuito a guadagno unitario dove l'ampiezza del segnale al suo ingresso la si ritrova in uscita moltiplicata per uno, quindi invariata. Il buffer altro non fa che trasformare il segnale ad alta impedenza proveniente dalla chitarra in un segnale a bassa impedenza. Può essere passivo o essere realizzato basandosi su componenti attivi come transistor bipolari, mosfet, amplificatori operazionali o anche valvole termoioniche.
Entriamo ancora di più nel particolare. Nell’articolo precedente abbiamo parlato di cavi e di come questi, nel momento in cui vengono attraversati da un segnale elettrico, si comportano da veri e propri condensatori. Questo concetto è esteso a tutti i componenti elettrici attraversati da un segnale elettrico. Il fenomeno è maggiore se il segnale è ad alta impedenza, come quello della chitarra. Quindi, concettualmente, il buffer serve a limitare questo, chiamiamolo così, “effetto condensatore”, in quanto fa sì che il segnale, essendo a bassa impedenza, risulti meno soggetto alle capacità parassite che incontra nel suo percorso e si mantenga inalterato fino a destinazione. L’effetto che hanno queste capacità parassite sommate una all’altra (stiamo parlando nell’ordine dei nF, nano Farad) è quello di tagliare le frequenze medio/alte rendendo il suono più scuro, meno brillante. È chiaro che, a questo punto, la qualità del buffer è ancora più importante del suono del pedale.
Negli anni ci si è orientati verso l’uso di pedali true bypass a causa della scarsa qualità dei buffer presenti nei pedali in commercio. In questo modo si risolve un problema ma se ne crea un altro. Il true bypass non abbassa l’impedenza del segnale che sarà sensibile alle capacità parassite insite nel cavo le quali causeranno un forte degrado del segnale. Quindi utilizzare solo pedali true bypass è una soluzione poco praticabile. In merito a questo c’è un interessante articolo di Pete Cornish dal titolo “The case against true bypass” che potete trovare sul suo sito e che vi invito a leggere, a me personalmente ha chiarito molto le idee.
Le soluzioni possibili potrebbero essere due. Nel caso si voglia optare per l’utilizzo di soli pedali true bypass la strada maggiormente praticata è quella di inserire un buon buffer all’inizio della catena dei pedali, a patto che sia del tutto trasparente. Questo buffer abbasserà l’impedenza del segnale che arriverà “invariato” a destinazione. Se invece si utilizzano sia pedali true bypass che non, il problema non si pone in quanto il buffer presente nei pedali che non sono true bypass farà in modo di abbassare l’impedenza del segnale.

Una considerazione è d’obbligo: i pedali true bypass hanno un costo elevato, anche perché rientrano in quella categoria denominata “boutique”. Anche i buffer di buona qualità costano. È importante valutare se il miglioramento effettivo del suono giustifica una spesa così elevata o se, accettando dei compromessi, si riesca comunque ad ottenere un buon suono: magari con i soldi risparmiati riusciamo ad acquistare un altro pedale!
Ciao! Ho deciso, dopo anni di lavoro come dimostratore, di aprire un blog legato al mio canale YouTube, nel quale parlare di strumentazione e discutere sul suono della chitarra. Mi sto organizzando piano piano. Questo è solo l'inizio e ci sto prendendo mano quindi perdonate tutti i problemi tecnici, ma ci arrivo prima o poi a sistemare tutto!
Presto inizierò a postare contenuti, ma ogni suggerimento è ben accetto.
Buona navigazione!
Lorenzo